Cadè (La Cadè in lingua reggiana, Casadeo o Casa Dei in latino eccl. moderno) è una “villa” (frazione) del comune di Reggio che con molta probabilità prende il nome da un ospizio – o “Spedale” – posto all'intersezione fra la via Emilia e un ramo del torrente Enza che, presumibilmente, potrebbe corrispondere all'attuale Canale di San Giacomo. Si tratterebbe per la precisione di uno “xenodochio”, strutture che fungevano da appoggio ai viaggi nel Medioevo, adibite ad ospizio gratuito per pellegrini e forestieri.

Più piccoli di un “hospitale” erano posti sul percorso di una via di pellegrinaggio. La chiesa di San Giacomo maggiore di Cadè è ricordata sin dal XII secolo fra quelle sottoposte alla giurisdizione del monastero benedettino di S. Giovanni Evangelista di Parma, rimanendo sotto la diocesi ducale addirittura sino al 1828, anno in cui passò sotto la giurisdizione della chiesa reggiana. Nel 1447 la villa di Cadè passò dall'amministrazione dei Da Correggio agli Estensi insieme al suo convento. Fu poi successivamente unita al marchesato e successivamente al comune di Cavriago sino al periodo napoleonico, in cui divenne comune autonomo con Gaida (1805-1815). Fino al 1827 fu annessa a S.Ilario per poi passare definitivamente al comune di Reggio. L'attuale chiesa di S. Giacomo maggiore fu realizzata fra il 1766 e il 1783 e il campanile, probabilmente preesistente, fu innalzato intorno al 1860. Il vecchio edificio di culto, invece, era collocato a sud-est della chiesa attuale. La guerra civile di Liberazione 1943-1945 sconvolse la vita della frazione. A seguito di un attacco partigiano avvenuto sulla via Emilia a Cadè il 7 febbraio 1945, che causò la morte di tre militari tedeschi, due giorni dopo un reparto della Wermacht giustiziò 21 giovani prigionieri politici sul ciglio della statale, al bivio con la strada dei Quercioli. L'eccidio è, ancora oggi, oggetto di commemorazione da parte dei cittadini e delle autorità.

Sino al secondo dopoguerra Cadè era la frazione più importante della zona ovest del comune di Reggio: erano infatti presenti un distaccamento dei Carabinieri, la posta, la farmacia e persino la stazione ferroviaria, chiusa soltanto a metà degli anni 2000. Oggi rimangono soltanto l'ufficio postale e la farmacia comunale. Oltre a essere un territorio caratterizzato dalle bonifiche e da una forte vocazione agricola – si contavano, infatti, diverse tenute ecclesiastiche e mulini in loco – la villa era un punto di sosta per i viaggiatori che transitavano sulla via Emilia, lo testimoniano fra l'altro le diverse osterie presenti in loco da tempi immemori. La popolazione sino alla metà de XX secolo era composta per circa due terzi da braccianti e operai, i restanti abitanti erano contadini (mezzadri e piccoli proprietari terrieri).

Una percentuale marginale dei residenti era caratterizzata poi artigiani, che svolgevano la propria attività nelle piccole borgate che si affacciano sulla via Emilia e da alcuni ferrovieri. Come le altre ville del forese reggiano anche Cadè viveva, e vive tuttora, di due importanti punti di aggregazione: la parrocchia e il circolo Arci, dotato di una sala-teatro. Negli ultimi decenni la frazione, che ha avuto un sensibile sviluppo, è stata oggetto di immigrazione dal sud d'Italia e dal Nordafrica, fattore che ha portato all'ampliamento della scuola e delle attrezzature del campo sportivo. Il problema più assillante della villa è il traffico. Nonostante l'intervento di riqualificazione urbana della piazzetta centrale l'abitato soffre della presenza ingombrante dei flussi di veicoli sulla via Emilia, vera e propria cesura per la comunità.