Il toponimo 'Bagno' (Bāin in dialetto reggiano, Balnei in latino) è probabilmente un "idronimo", quindi legato alla morfologia acquitrinosa che un tempo caratterizzava il territorio della pianura emiliana. Nella frazione sono stati rinvenuti reperti archologici dell'età del bronzo e dell'età del ferro: il sito più vasto è quello di via delle Vaje, a ovest dell'area cimiteriale.

Bonificata in prima istanza dai romani - ancora evidenti sono i segni della centuriazione individuati dalla viabilità locale e i numerosi reperti rinvenuti in loco - la frazione era luogo di sosta e di ristoro per i pellegrini in viaggio verso Roma. Lo testimonia ancora oggi, l'agglomerato di Ospitaletto, posto lungo la via Emilia, all'incrocio con via Beziera. Nel 980 nella zona era già in funzione una prima pieve cristiana ("Plebis Banium"), dalla quale dipendevano diverse filiali, le chiese dei centri minori del circondario (Marmirolo, Arceto, Cacciola, San Donnino di Liguria, Corticella, San Michele di Rioltorto). Il Monastero benedettino di San Prospero, a Reggio, conservò diversi beni presenti sul territorio di Bagno sino all'inizio del XV secolo, quando furono ceduti ai Boiardi di Rubiera. Verso la metà dell'anno 1000 la "corte" di Bagno fu sottratta ai Canossa dal vescovo di Reggio, che poi fu successivamente ceduto ai Muti di Gazzata e, nel 1331, ai Gonzaga. In quel periodo, nella citata località Ospedaletto, era presente l'antico ospedale di S. Tommaso di Canterbury, già menzionato nel testamento di Ugo da Budrione nel 1183.

Di questo ospedale si sa che nel 1282 era tenuto dai frati di Frassinoro e che aveva annessa un oratorio, restaurato poi nel 1656. A Bagno, nei pressi della chiesa era inoltre presente il castello, bruciato e distrutto dai Boiardi (o Boiardo) nel 1341. Nel libro dei fuochi di Reggio del 1315 il "comune" di Bagno comprendeva 48 capifamiglia (41 mezzadri e 7 cittadini), divenuti poi 777 nel 1676 e 588 alla fine del XVIII secolo. Dopo un breve dominio dei Fogliani e un saccheggio operato dai Boiardi nel 1361 il vescovo affidò Bagno a Feltrino Gonzaga. Da allora seguì le sorti del comune di Rubiera. Alla fine del Settecento Bagno fu unito a Reggio, per poi diventare comune autonomo nel 1801 con Cacciola e parti di Masone e Marmirolo, cui, successivamente furono aggiunti i centri abitati delle medesime località e la villa di Roncadella. Dal 1815, anno della Restaurazione, entrò a far parte del comune di Reggio. La chiesa parrocchiale di Bagno è dedicata alla Natività di San Giovanni Battista. Aveva qui un podere il Monastero di San Prospero di Reggio. La prima cappella edificata a Bagno ricevette la sua consacrazione verso l'anno 1160. L'attuale chiesa fu fondata nel 1717 dall'arciprete Don Francesco Montanari, che la progettò e la fece edificare a sue spese. Sino al 1967 la pieve di Bagno era sede di vicariato e tutt'oggi conserva il titolo di arcipretura.

In loco diversi complessi rurali portavano l'emblema dell'Ospedale di Reggio e della Confraternita del SS. Sacramento e della SS. Trinità. A Bagno il solidarismo cattolico, grazie anche al ruolo della parrocchia, tutt'oggi principale punto di riferimento della frazione, è sempre stato molto forte: nei primi anni del '900 a Bagno era presente una cassa rurale cattolica di depositi e prestiti che elargiva somme di denaro anche alle “ville” circostanti. Negli anni '10 fu realizzata la scuola elementare. Durante il Ventennio, a Ospitaletto, era presente la Casa del Fascio ove ancora oggi si può osservare sul muro esterno un motto fascista dell'epoca. Nel 1945, durante la fase finale della guerra di Liberazione Bagno fu sede di due tragici fatti di sangue: il 5 marzo una pattuglia fascista, alla ricerca del parroco della villa, fucilò due civili nei pressi della chiesa; il 20 marzo, per rappresaglia seguita all'uccisione di un soldato tedesco, furono uccisi 5 prigionieri politici. A Bagno erano presenti una cooperativa di consumo e un'importante cooperativa di muratori.

La villa è sempre stata caratterizzata da nuclei abitati sparsi e mai da un unico centro urbano riconoscibile. Il centro “laico” della frazione era spostato rispetto all'area parrocchiale: se a quest'ultima venne affiancato, nel 1978-1980 il quartiere Peep, nel nucleo de La Palazzina persisteva ancora una borgata di tipo rurale che comprendeva: la cantina sociale, la latteria sociale, la Casa del Popolo (demolita negli anni 2010) e alcune abitazioni di operai e braccianti. L'economia della zona è sempre stata legata all'agricoltura: lo testimoniano la presenza della ex cantina sociale (oggi in disuso) e di diverse latterie per la produzione del Parmigiano-Reggiano di cui due ancora oggi attive. Dagli anni Novanta la frazione si è fortemente ripopolata di nuove famiglie, molte delle quali provenienti dal sud d'Italia.

Oggi, la maggior parte dei residenti, è occupata in altri settori presso i centri vicini di Reggio, Rubiera, Modena e comuni limitrofi.


Bibliografia:

  1. P. Camellini, Guida commerciale turistica e culturale di Reggio Emilia e provincia, Centro studi regionale per l'Emilia e Romagna, Reggio Emilia 1974
  2. AA.VV., Le diocesi di Reggio Emilia e Guastalla. Compendio di notizie e dati statistici, Age Editoriale, Reggio Emilia 1985
  3. W. Baricchi, Insediamento storico e beni culturali del Comune di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1985
  4. AA.VV., Abitare nella Sesta, Circoscrizione VI, Reggio Emilia 2007
  5. AA.VV., Piano dei Servizi, Comune di Reggio Emilia 2007-2009