Aaron Appiah - 1984 Ghana
(Giuramento 09-03-2018)

Mi chiamo Aaron, sono venuto in Italia a 7 anni. Mio padre non mi ha visto nascere perché era già qui. Prima è venuto lui, poi mia madre e li ho rivisti solo quando sono venuti a prendermi in Ghana.

Ho avuto sempre per riferimento come madre, mia zia e mia sorella grande. I miei genitori hanno emigrato per darci un’opportunità migliore e sono convintissimo che ce l’abbiano fatta, perché tutti noi ci siamo sistemati a dovere. Loro il loro compito l’ hanno raggiunto, adesso tocca a noi cercare di migliorare le cose.

Io mi ricordo tutto. Quando sono arrivato, c’era un freddo che non avevo mai sentito in vita mia. Il giorno dopo, fuori, era tutto bianco, io e le mie sorelle abbiamo pensato di essere morti, pensavamo che non fosse reale, nella mia immaginazione pensavo di essere in paradiso, invece era la neve. State parlando con un ghanese che del Ghana sa poco perché è una vita che sono qua. Non so dire se l’Africa è un bel paese e se l’amo, non lo so, non ci sono mai stato.

Penso sempre che sono stato fortunato perché vivendo a Roncadella mi sono integrato al 100% nella cultura italiana. Il fatto di vivere lì mi ha aiutato ad entrare in una piccola comunità . Mio padre ha sempre detto a quelli del paese che se facevamo gli asini, due o tre scopaccioni non facevano male a nessuno. Questo mi ha aiutato molto. La mia fortuna è stata la gente di Roncadella. Penso che per molti altri ragazzi ghanesi cresciuti o nati qua, sia stato più difficile vivere in città.

Da piccolo non mi sono mai sentito nero con gli italiani ma mi sono sentito nero con i ghanesi, perché non capivo bene la lingua madre e spesso mi trovavo spaesato. A volte ti trovi a non capire se sei carne o pesce. Io però ho avuto la fortuna di conoscere i Mattioli, persone che per me rappresentano un’altra famiglia, mi hanno dato l’opportunità di essere parte della loro famiglia portandomi tutti gli anni in vacanza, sono molto attaccato a loro e al loro ragazzo. Mi hanno amato per quello che sono. Sono diventati padrino e madrina di mia figlia e il loro figlio è stato il mio testimone di nozze. Noi ci vedevamo sempre, uscivamo e andavamo al campo di Marte, dove abbiamo conosciuto altri ragazzi che frequento tutt’ora. Ormai ognuno di noi ha dei figli ed è diventato un gruppo meraviglioso. Io son qua da 27 anni, ma non avevo la cittadinanza e vengo a fare i documenti adesso. Perchè? Non sono mai tornato al mio paese, non ho mai commesso un reato, ho fatto tutte le scuole qui, sono stato premiato per l’educazione, eppure ho dovuto fare le foto e i documenti per dimostrare che non ero mai uscito dall’Italia e quando hanno capito che era vero, finalmente ho preso la cittadinanza. Io dico che le leggi sono fatte per essere rispettate, ma bisogna usare il buon senso. Se Dio vuole ce l’ho fatta.

Il giorno della cerimonia le emozioni erano tante… son venuti i miei suoceri, mia moglie, le mie figlie che quel giorno sono state a casa da scuola… Io ero molto emozionato, ho provato i brividi, sudavo… meno male che son nero e non si vedeva! Il Sindaco ha detto una cosa giusta: “un italiano non può capire cosa significa prendere la cittadinanza, perché ce l’ha già di diritto e non si rende conto di che valore ha”. Quando ero piccolo, il sindaco Luca Vecchi mi portava a fare atletica. Immaginati di vedere una persona che conosci da bambino, davanti a te come Sindaco, questo ti porta un orgoglio tuo personale. Sono cose che rimangono per sempre. E’ come un matrimonio, è bello veramente. Ho provato quasi più emozioni lì che quando mi sono sposato! Tu ti trasferisci dall’essere ghanese all’essere italiano. Ghanese sei nato, cittadino l’hai scelto. Io l’ho molto apprezzato. La sala Tricolore è un luogo molto bello, quando si è lì non si ricorda bene tutto, non vedi l’ora di firmare. Alleluia, finalmente! Il mio più grosso pensiero in quel momento è stato “Grazie a Dio che tutti ce l’abbiamo fatta a raggiungere questo obiettivo comune”, ognuno ha la sua storia ma l’obiettivo era unico: avere questo documento che diventa finalmente la tua ragione di vita. In una parola, quello che ho provato è stata gioia, una grossa gioia. Se ci penso, ancora adesso mi vien male.